mercoledì 23 ottobre 2013

Quella domenica...

Quella domenica ero in casa solo io e mio fratello; lui guardava la Moto GP.

Era il Gran Premio di Malesia, a Sepang; sapevamo che sarebbe stata una gara molto dura: Valentino Rossi e Marco Simoncelli erano le punte di diamante della sfida, sia per la professionalità sia per il carattere.

Tutto sembrava passare abbastanza liscio, nonostante la combattività di tutti i partecipanti alla gara; io ero al computer a seguirla in streaming; improvvisamente avvenne un incidente: un uomo era steso a terra ed era sato investito da altre moto (in streaming si vedeva tutto piuttosto male e l'audio era incomprensibile).

Improvvisamente sento mio fratello imprecare e dire in tono quasi disperato "c'è Simoncelli steso in mezzo alla pista!".

Poi, il silenzio.

Solo dopo qualche minuto, arrivò in camera mia mio fratello con un'espressione terrorizzata in faccia:

"è morto Sic!".

Dopodiché, tutti i quotidiani online diffusero la triste notizia...

Certo che morire a 24 anni è la notizia più brutta che si senta: dall'atleta più famoso al più anonimo (purtroppo) operaio quest'età non è fatta per morire! Ma come si sa siamo fatti di carne ed anima, quindi l'oscura ombra della falce della Morte non guarda in faccia nessuno.

Circa un mese e mezzo fa questa falce ha mietuto un'altro ragazzo, stavolta troppo vicino alla mia vita; aveva 20 anni e si chiamava Mattia; in una curva ha perso il controllo dell'auto e si è schiantato contro un muretto, morto dopo ore di sofferenze. Era in classe con me alle scuole medie, dopo non l'ho più visto se non sporadicamente.
Queste sono le storie che ti fanno veramente capire cos'è la sofferenza.   



lunedì 21 ottobre 2013

Da Scilla e Cariddi a Slenderman; i vecchi racconti degli antenati potrebbero ritornare di moda in chiave moderna?

Molti di noi avranno letto senza dubbio (soprattutto trapanato dalle nostre professoresse alle medie e superiori) racconti e poemi risalenti all'Antica Grecia: circa 3000-4000 anni fa, nelle strade di Sparta e di Atene, erano solitamente frequentate da dei cantori (detti aedi) che raccontavano tutte le eroiche gesta di qualche condottiero oppure di misteriose leggende su strane creature presenti in un determinato luogo; molti di noi ricorderanno le terribili creature citate nell'Odissea di Omero: Scilla e Cariddi, che come terrificanti fauci, si aprivano dalle profondità del mare dello Stretto di Messina, inghiottendo tutti coloro che vi si avventuravano. Moltissimo tempo dopo si scoprì che furono nient'altro che le micidiali correnti marine presenti in quel lembo di mare che separa la Sicilia dall'Italia.


Oggi, a distanza di 3000 anni, sembra che tutto sia cambiato: con l'evoluzione della scienza e della tecnologia, si sono scoperti nuovi orizzonti di vista del cerchio di vita della Terra, e se una volta c'erano gli aneddoti e le leggende a spiegare un singolo fenomeno, oggi ci sono le analisi tecniche e scientifiche, le valutazioni empiriche di un determinato avvenimento spazio-temporale.

Ma è così sul serio? e invece no! Ultimamamente è in circolazione una vasta serie di videogiochi (per lo più del genere "indipendente", cioè non sponsorizzato da importanti catene di videogames come la EA Games, ID Software, ecc...) le cui trame prendono spunto da personaggi e racconti delle cosiddette "leggende metropolitane".

In primis c'è un personaggio che è divenuto famoso pervia dell'intricata storia che vi si è creata attorno, ma anche per l'inaspettato successo per la sua "adrenalinica" esperienza di gioco: è lo Slender; lo Slender è un "semplice" uomo vestito distintamente, la cui particolarità inquietante sta nell'assenza di tratti somatici sul viso e per la sua capacità di teletrasportarsi a suo piacimento ed in modo inatteso per il giocatore; come lo erano pochi anni fa i giochini "flash horror" (di cui molti avranno senza dubbio un ricordo "traumatico"!), questo "Slender" sa dare al giocatore la dose giusta di adrenalina: questa creatura umanoide ti appare all'improvviso accompagnata da un sinistro e fioco rumore come di una televisione sintonizzata male; fin qui niente di speciale (ci sono giochi di gran lunga più spaventosi!), ma a giudicare i video riprodotti su Youtube da i cosiddetti "gamers" (persone che decidono di pubblicare le loro recensioni dei giochi del momento con tanto di gameplay), sembra piuttosto terrificante! Ma la cosa più inquietante di questo filone mediatico degli "indie horror game" sono le storie createsi attorno: leggende metropolitane completamente rimaneggiate (non sempre) per poter essere inserite in una trama da incubo; antiche storie dei nostri nonni vengono rivissute in questi giochi dalla grafica non molto elaborata, ma pur sempre terrorifica, il tutto accompagnato da colpi di scena a volte da infarto: Slender in confronto a (chi lo ha vissuto) Afraid of Monster o ad Erie, è un giochino comico! Poichè vi entra anche la psicologia interiore del personaggio.
Un altro esempio, stavolta al contrario (poichè è nata prima la storia e poi il gioco) è The Rake: questo inquietante mostro (che per l'aspetto può essere identificato a Gollum del Signore degli Anelli) umanoide non è di per sè aggressivo, ma secondo la "leggenda metropolitana", esso compare come una sorta di profeta che fa da monito per future disgrazie a chi lo incontra o preannuncia dei disatri (come il famoso "Uomo Falena" o "Mothman").
Insomma oggi, come 3000 anni fa, poco o niente è cambiato nella fisionomia dell'intrattenimento della popolazione mondiale; solo che oggi a molti fenomeni gli sono state date delle soluzioni razionali, fino a 100 anni fa invece un semplice terremoto era addirittura considerato come l'ira del Demonio!
Oggi invece è solo una questione di intrattenimento "for dummies", ma soprattutto (come ovvio) un modo per poter guadagnare denari a palate facendo film o libri, oppure creando videogiochi.

giovedì 10 ottobre 2013

InfoDifesa: GDF:GENERALE CAPOLUPO "SE NON FATE ASSUNZIONI CI E...

InfoDifesa: GDF:GENERALE CAPOLUPO "SE NON FATE ASSUNZIONI CI E...: RIPROPONIAMO UN ESTRATTO DELL'AUDIZIONE DEL GENERALE CAPOLUPO ALLA CAMERA DEI DEPUTATI SULL'OPERATIVITA' DELLA GUARDIA DI FIN...

Di fronte al disastro...

Se potessi tornare indietro a quella mattina del 10 ottobre 1963, impersonandomi in un soccorritore dell'Esercito che per primo arrivò nella vallata di Longarone devastata da 150 milioni di metri cubi d'acqua, come sarà la mia reazione? Ma come sarà la reazione di tutti?

Un intero paese letteralmente spazzato via da un'onda di tre chiloton di potenza scagliatasi dalla Diga del Vajont; una vallata piena di case, villaggi, campi coltivati: tutto sparito, inghiottito da un immenso muro d'acqua.

Ma di chi è la colpa? Della natura? O di un gravissimo errore umano?

La natura c'entrarà di sicuro, ma ha agito come una sorta di "diabolica" vendetta contro qualcuno... l'essere umano; non si doveva costruire una diga lì, in una valle stretta e con una roccia molto friabile; ma le autorità (come sempre...) hanno cercato di coprire tutta la faccenda: il prestigio e la riuscita dell'impresa dovevano soverchiare ogni problema.

Ma alla fine l'hanno pagata cara questa omertà, ma a rimetterci la vita sono state le oltre migliaia di vittime di Longarone, Faè, Erto e Casso.

Ormai, a distanza di ben 50 anni, l'uomo non ha ancora imparato a rispettare la natura; la natura non si sfida, si sfrutta ma in modo benevolo, cercando di conviverci pacificamente; solo così non si ottengono tali sciagure.

martedì 8 ottobre 2013

IL FORTE DI GAVI COME NEL ‘600: TRA BATTAGLIE E COSTUMI STORICI.


I cannonieri si preparano; i fanti preparano le loro picche; i moschettieri innescano le micce dei loro archibugi; i tamburini incitano gli uomini all’attacco con il loro scandire del tamburo; i capitani urlano ordini e incoraggiamenti ai loro uomini; mentre i cosiddetti medici dal “becco bianco” preparano i lazzaretti per gli eventuali feriti o malati; infine le vivandiere (tutte donne, come allora) preparano le cibarie per i loro uomini. Siamo tornati nel 1600?
Certo che no!
Nei giorni 28 e 29 settembre, presso l’imponente Forte di Gavi, si è svolta una manifestazione in costume che fa rivivere i truculenti momenti della Guerra dei Trent’anni in un territorio allora conteso tra vari piccoli stati regionali italiani alleati o degli Spagnoli (come la Repubblica Genovese) o dei Francesi (Il Ducato dei Savoia).
La manifestazione ha avuto la partecipazione di oltre un centinaio di figuranti, provenienti da Novi Ligure, con l’associazione storico culturale “La Picca e il Moschetto”, e dal Friuli Venezia Giulia, con il “Gruppo Storico” di Palmanova (UD).
La più importante attrazione della manifestazione è stata la “rievocazione di una battaglia secentesca”: due manipoli di soldati si scontrano con le picche in mano tra rombi di tamburi, esplosioni dei cannoni ed archibugi, scintillii delle spade degli ufficiali; ovviamente il piccolo conflitto è stato reso innocuo con l’uso di armi bianche non affilate e senza parti metalliche e da armi da fuoco che sparano a salve; la manifestazione è proseguita all’interno delle stanze della fortezza, dove furono allestite per rievocare gli aspetti della vita quotidiana del periodo de “I Promessi Sposi”: il medico con il famoso “becco bianco” contro l’inalazione della peste  che cura (con le scarne pratiche di allora) i feriti ed i malati, un angolo di osteria dove gli uomini di allora solevano sostare (molto a lungo) dopo faticose ore di lavoro nei campi e un angolo dell’erborista, l’allora farmacista.
Questa manifestazione ha avuto un discreto afflusso di visitatori, che hanno potuto visitare grazie alle guide dell’associazione “Amici del Forte” anche l’intera struttura militare, per moltissimi secoli una temibile barriera artificiale per i nemici (dal 1300 all’età Napoleonica), e con l’inizio del ‘900, una struttura carceraria e militare di grande importanza (carcere militare per disertori durante la Grande Guerra, poi polveriera fino alla Seconda Guerra Mondiale, dove poi ritornò come carcere per prigionieri di Guerra inglesi).
Questa manifestazione potrebbe essere uno dei punti forti per il rilancio della struttura, ma anche di tutta la comunità gaviese e dintorni, dando una discreta opportunità di lavoro e compensi per la maggior parte della popolazione locale.


 

giovedì 3 ottobre 2013

Lutto e Monito...

Oggi è un giorno di lutto: anche se immigrati clandestini, i 200 profughi morti dopo il naufragio del loro barcone sono pur sempre esseri umani (anche se le loro condizioni di vita erano di gran lunga peggiori di quelle delle bestie di una stalla sporca di due mesi); ma è anche un giorno in cui bisogna sentirsi orgogliosi di essere italiani: i militari delle Capitanerie di Porto, assieme ai Reparti Marittimi delle Fiamme Gialle, gli sono stati attribuiti dei compiti non proprio facili: sia dal lato operativo, sia dal lato umano; eppure, quei semplici uomini (o meglio marinai) in divisa bianca sopra le loro belle motovedette (anche se sono stati tagliati il 20% dei contributi per le manutenzioni delle suddette), sono quasi sempre riusciti a svolgere il loro compito al di sopra di ogni previsione; loro, persone che hanno visto per prime l'orrore dei 200 corpi dei naufraghi, tra cui quelli di numerosi bambini; loro, che sono sempre in allerta in caso di intercettazione di un barcone di profughi; loro, che con le loro divise bianche, vengono visti dai naufraghi al limite della sofferenza, come angeli custodi a cui gli hanno salvato la vita; sono loro coloro che ci rendono orgogliosi di essere italiani!
E che serva di lezione a tutti coloro che giudicano malamente qualsiasi cosa, pur di creare odio e rabbia, ma standosene belli comodi a casa; poi verrà il giorno in cui qualcuno di questi "agitatori di odio" si vedrà in faccia l'orrendo e lugubre spettacolo di tutte le anime dei naufraghi, le cui voci spiritate e angosciose risuoneranno come un eco di monito nella loro inzozzata coscienza.